venerdì 20 agosto 2010

La mente mente

Il fisico David Bohr


Per esporre la mia teoria scientifica, devo partire dal grande dibattito, profondo e aspro a momenti, ma sempre condotto con grande nobiltà e signorilità, tra Bohr e Einstein. Questi due giganti del pensiero scientifico nutrivano un profondo rispetto reciproco ed ognuno di loro era attento alle acute e penetranti osservazioni dell’altro. Questo articolato processo, a cui presero parte anche altri illustri scienziati, da Heisenberg a Born, da Schrodinger a Von Neumann, portò a focalizzare in modo via via più preciso (anche se questo non risultò immediatamente evidente) punti particolarmente problematici della teoria quantistica. Vediamo rapidamente le varie fasi del dibattito.

A. Einstein cerca di dimostrare che il principio di indeterminazione non è corretto, suggerendo gedanken experimente che dovrebbero consentire, in linea di principio, la determinazione simultanea e arbitrariamente accurata di variabili incompatibili, quali posizione e velocità di una particella. Secondo tutti i testi ufficiali Bohr esce vincitore da questo scontro, ma questi testi non danno il dovuto rilievo al fatto che per ottenere questo risultato egli si trovò costretto ad una evidente forzatura: ha infatti dovuto attribuire a sistemi macroscopici, che unanimemente si ritiene siano governati dalle leggi della fisica classica, comportamenti tipici del mondo quantistico. Questo fatto contribuirà in misura rilevante a far maturare, sia pure dopo alcuni anni, nei membri più attenti della comunità scientifica l’idea che uno dei problemi più seri che la teoria quantistica si trova a dover affrontare nasce dalla sua incapacità di identificare con precisione e rigore matematico la linea di demarcazione tra processi microscopici e processi macroscopici.

B. D’accordo, sostiene Einstein, non è possibile determinare simultaneamente i valori di grandezze incompatibili, ma ciò non vuol dire che esse non abbiano valori precisi. Insomma, secondo Einstein, la teoria quantistica contiene senza dubbio un frammento della verità ultima, ma necessita di un completamento.

C. Einstein, insieme a Podolsky e Rosen concepisce un gedanken experiment, divenuto famoso come “paradosso di EPR”, il quale implica che la meccanica quantistica è una teoria fondamentalmente incompleta. Bohr reagisce in un modo non del tutto convincente, ma, ancora una volta, la comunità scientifica non mostra la dovuta sensibilità alla critica estremamente acuta e avanzata di Einstein. In realtà, quella di Einstein fu una sconfitta, ma segnò uno dei momenti più alti della ricerca della prima metà del secolo scorso, in quanto fu richiamata l’attenzione su un elemento, la non località quantistica, di assoluta centralità per la comprensione della realtà. Merito di Einstein fu l’aver messo in evidenza aspetti talmente peculiari della natura che nessuno aveva immaginato e la cui comprensione costituisce ancora oggi uno dei temi centrali del dibattito sulla scienza.

D. Nei suoi ultimi scritti Einstein tocca il cuore delle difficoltà della teoria quantistica. Non è il principio di indeterminazione che lo tormenta, non sono più neppure le incomprensibili caratteristiche della realtà a livello microscopico, ma il fatto che la teoria, se assunta essere completa, richiede la rinuncia a minimali richieste di realismo perfino a livello macroscopico, un prezzo che egli, come tanti altri, ritiene troppo alto. L’affermazione di Einstein, spero che qualcuno scoprirà un modo più realistico, o piuttosto una base più tangibile di ciò che è stato mia sorte fare, si era in fondo dimostrata vera e ciò costituisce, in un certo senso, la sua tardiva vittoria.

Ho seguito con passione il dibattito, affascinato dalle evidenze sperimentali che confortavano la nuova teoria e, al tempo stesso, dalla solidità delle obiezioni di Einstein, fermo su una visione deterministica della realtà.

Secondo la mia visione, l’universo è descrivibile da un modello a variabili nascoste. Provate a pensare ad un iceberg di cui vediamo soltanto la punta. Per descriverlo nella sua interezza dobbiamo fare ricorso a variabili che a noi sfuggono. Sono convinto che, al di sotto del livello quantistico governato dal caso e dall’incertezza, c’è un livello subquantico in cui ritornano il determinismo e la realtà. Mi chiederete: e al di sotto? Ancora altri livelli, è una struttura senza fine. Le verità più profonde sono per noi irraggiungibili.

Anche la visione del mondo tipica del Buddhismo e dell’Hinduismo prevede una unità e un ordine universali e si basa sul concetto che “ALL IS ONE” e tutto ciò mi ha sempre affascinato e condotto a esplorare altre dimensioni della realtà ed altre discipline.

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